Non credo che il Lotto subirà grossi cali di incassi dal divieto di
pubblicità sui giochi; non ritengo che i "vecchi e sani" giocatori del
Lotto si faranno influenzare dalla presenza o meno di Totti in tv che
recita una scenetta pubblicitaria.
Il Lotto - gioco di Stato dalla tradizione centenaria - non vive di pubblicità, ma di tradizione prima di tutto e, a supporto, di un'informazione seria e professionale
che a sua volta esiste da diversi decenni (prima sui giornali, ora
anche sul web) con l'obiettivo di favorire la conoscenza del gioco e di
conseguenza un approccio sano allo stesso.
Informazione seria e professionale è quella che ci siamo imposti da 25 anni. Il sottoscritto è un giornalista iscritto all'Albo, con tanto di doveri deontologici,
specializzato nell'informazione sui giochi; ho diretto i più importanti
giornali del settore, firmando anche inchieste che hanno fatto
scalpore.
Come tale, svolgo la mia
attività lavorativa e provo a farlo nel modo più corretto e trasparente
possibile. Non faccio pubblicità a nessuno, non raccolgo pubblicità da
nessuno, ma mi pongo come unico obiettivo quello di fornire ai giocatori
un'informazione - anche statistica - di primo livello che possa
aiutarli a fare scelte oculate, in tutti i sensi, come gioco ragionato e gioco responsabile.
Un problema però esiste, inutile negarlo: non scopro l'acqua calda,
ad esempio, se dico che il mondo del Lotto è popolato da gente senza
scrupoli - e senza alcun titolo professionale - che inganna la gente
promettendo miracoli e vincite certe. Non mi invento nulla se affermo
che spesso di Lotto, di giochi e di statistica parlano personaggi a
digiuno di ogni conoscenza o preparazione a riguardo.
Il problema del Lotto e dei giochi in generale, quindi, non è la
pubblicità, che a volte può essere addirittura utile, per distinguere ad
esempio gli operatori legali da quelli clandestini; il vero problema è
ancora non si avverta la necessità di una autentica riqualificazione del
settore, a tutti i livelli, anche dell'informazione, che possa ridare al gioco la "dimensione sana" e la dignità che
merita (mi fa male quando sento parlare di "gioco uguale droga"), ossia
la rivalutazione dell'aspetto ludico, che nulla ha a che vedere con i rischi di "disturbo da gioco". In Inghilterra fanno così e
in termini di cultura del gioco, da sempre, si sa, non sono secondi a
nessuno...
----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Donato Colucci